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La Luce che illumina le tenebre: Santa Margherita da Città di Castello, con gli occhi di Dio


Era zoppa, era storpia e deforme, era cieca. Di quale handicap e quale cecità si trattava? Sicuramente non di quello spirituale. Perfetta rappresentante di quella che Papa Francesco chiama la cultura dello scarto, Margherita la dovette sperimentare sulla propria persona, invece di distruggerla la rese spiritualmente più forte, illuminata dalla luce dello Spirito Santo.


Il primo trauma fu quello di vedersi abbandonata in tenera età da nobili genitori in Città di Castello, delusi per non aver avuto il miracolo desiderato, quello di avere una figlia ‘normale’. Oggi in questa moderna Italia, nella nostra società molto più ‘progredita’, avremmo trovato una soluzione per evitare tutte queste sofferenze dovute a molteplici handicap ed evitare l’abbandono di un minore. Avremmo riempito un giorno di informazione televisiva, dichiarandoci soddisfatti che l’eutanasia sia la soluzione migliore per questi esseri deboli-inferiori, poi non se ne sarebbe parlato più.


Quanto lontano siamo dalle logiche di Dio! Come ha ben detto P. Gianni Festa O.P. Postulatore della causa di Santa Margherita:

Margherita rappresenta la capacità di ricevere nella propria vita e di dare spazio a questa grazia, a questo amore, questa luce, non maledicendo la propria esistenza ma la fa diventare benedizione per gli altri, in una persona che avrebbe avuto tutti i motivi per maledire la vita.


Dopo aver mendicato per le vie del borgo, è accolta dalle suore: la ripudieranno anche loro, verrà “salvata” da una coppia di devoti che la accolgono in casa. E la santa sarà l’educatrice dei loro figli, Margherita non poteva saper né leggere né scrivere eppure, era in grado di recitare a memoria tutti i Salmi.


Ma fu anche un’amica per carcerati ed infermi; l’esclusa, l’ultima che si prende l’impegno di portare aiuto e ‘luce’ agli ultimi, solo la forza di Dio può generare un tale prodigio.

Il miracolo che non c’è stato come richiesto dai suoi genitori è avvenuto temporalmente attraverso i secoli,


come spiega il vescovo di Città di Castello, Domenico Cancian:

«Il miracolo sta nel fatto che la sua fama di santità, a distanza di sette secoli, è ancora viva. Anzi, è sempre più viva: non solo qui in Umbria dove ha testimoniato la gioia del Vangelo ed è scomparsa nel 1320 quando aveva appena 33 anni, oppure nell’arcidiocesi di Urbino-Urbania-Sant’Angelo in Vado in cui è nata nel fortilizio della Metola, ma nel mondo come mostra la devozione verso di lei, ad esempio in Messico, nelle Filippine, in Australia, in Giappone, in India e soprattutto negli Stati Uniti dove addirittura è stato dedicato un film a Margherita».


Beata Margherita da Citta di Castello (sec. XX) statua, Montreal, Canada.


Mary Grace Thul, Beata Margherita di Citta di Castello (sec. XX) Scultura, legno, Convento domenicano di San Domenico, Washington DC.


Ma torniamo al video ‘Santa Margherita da Città di Castello, con gli occhi di Dio’.

Nello stile della casa di produzione Cristiana Video, di cui ci siamo occupati in un post precedente (https://www.lesentinelle.info/post/san-francesco-saverio-fino-all-estremit%C3%A0-della-terra-e-ritorno), il racconto filmico procede in alternanza tra finzione cinematografica, con la splendida interpretazione della protagonista, l’attrice Anna Mallamaci, e le testimonianze di chi si è appassionato a studiare l’agiografia della santa. Interessante è l’osservazione della Prof.ssa Alessandra Bartolomei, autrice della Positio su Santa Margherita, che sottolinea come nonostante le sofferenze fisiche, i tradimenti e le ingiurie sopportate da Margherita, la sua: «Non è una storia triste. Nel senso che lei è una persona dotata di una straordinaria serenità. Riesce a capovolgere il suo destino, la povera bambina anomala e sventurata in realtà trasforma questa sua sfortuna proprio perché ha questa ‘Leggerezza Divina’. Lei sapeva che Dio non l’avrebbe mai abbandonata».

Come siamo lontani da queste certezze, in questo nostro periodo storico.

Margherita può insegnarci a trasformare il male in bene, senza cedere allo sterile vittimismo e alla lamentela inutile, invitandoci a una reazione evangelica che sa vedere come tutto può concorrere al bene.


Tutto ciò è uno schiaffo alla cultura dello scarto che valuta l’uomo o la donna soltanto con il metro dell’utilitarismo.

La preziosa eredità lasciata dalla santa ci impegna a concretizzare l’inclusione, la pacificazione, la gioiosa carità di cui lei è stata un modello esemplare.

Oggi, noi ciechi e storpi più di Margherita abbiamo bisogno di recuperare quella luce e quella leggerezza divina.


Buona ‘visione’



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